AVVOCATURA: ECCO COME LA VOLUNTARY DISCLOSURE PUÒ FUNZIONARE IN MANIERA EFFICACE

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Si è tenuto recentemente presso il Consiglio Nazionale Forense un incontro con gli operatori per far funzionare meglio la “voluntary disclosure”, il rientro degli asset o capitali detenuti all’estero che la legge 185/2014 (di cosiddetta collaborazione volontaria) permette fino al 30 settembre 2015.

Nel momento in cui l’applicazione delle norme sta entrando nel vivo, con la pubblicazione sul sito dell’Agenzia delle Entrate dei modelli per la richiesta di accesso alla procedura ed alla vigilia di una circolare esplicativa, il Consiglio Nazionale Forense ha organizzato un incontro per il confronto dell’Avvocatura sui temi e passaggi che più interessano il ruolo dei legali nella procedura” ha spiegato il consigliere Antonio Damascelli, coordinatore del gruppo antiriciclaggio del CNF. “Sono emerse alcune linee interpretative volte a promuovere l’accesso alla procedura e così il raggiungimento degli obiettivi governativi di emersione”.

I lavori sono stati introdotti da Andrea Mascherin. “Questo incontro evidenzia l’importanza del ruolo dei giuristi nell’ambito economico” ha dichiarato “Per gli avvocati, innanzitutto, la collocazione sistematica della voluntary disclosure tra le norme sull’accertamento apre la strada alla necessità che nella procedura di collaborazione volontaria vengano tutelati tutti i diritti e le garanzie del contribuente, su tutti il diritto di difesa (e dunque anche la possibilità di impugnare un provvedimento conclusivo ritenuto illegittimo) ed i suoi corollari, come il diritto al contraddittorio preventivo”.

Entrando più nello specifico delle linee interpretative promosse dal CNF, sono stati focalizzati alcuni aspetti.

 

Cause ostative all’accesso alla voluntary disclosure. La legge esclude la possibilità di attivare la procedura di disclosure quando il contribuente, o il soggetto solidalmente responsabile o il soggetto concorrente nel reato, abbia avuto formale conoscenza di accessi, ispezioni, verifiche o dell’inizio di “qualunque” attività di accertamento amministrativo o procedimento penale, relativo all’ambito di applicazione della collaborazione volontaria. Per evitare che tali cause ostative diventino un generico ostacolo all’accesso alla procedura, il CNF suggerisce di controllare il verificarsi in relazione al singolo periodo di imposta, prevedendo una ampia possibilità di rimuoverle e di rendere irrilevanti quelle di cui non si aveva conoscenza in buona fede (perché magari riferite a obbligati in solido o concorrenti).

 

Raddoppio dei termini di accertamento dei reati. Questa possibilità che la legge fornisce all’Amministrazione finanziaria in determinati casi, non si applica in caso di voluntary disclosure. Dunque, se l’Amministrazione finanziaria vuol ricorrervi deve dimostrare la sussistenza di violazione penalmente rilevante in periodi antecedenti al 2010, che è l’anno di imposizione fiscale a partire dal quale si può accedere alla disclosure.

 

Rapporto tra voluntary internazionale e quella nazionale. Dal CNF è emerso un warning rispetto a una lettura interpretativa per la quale se il soggetto aderente è il medesimo (la stessa partita IVA, sia professionisti o ditte individuali), la disclosure domestica è obbligatoria. Chiave di volta è la “ragionevolezza” dell’Amministrazione finanziaria. Bisogna evitare che, ad esempio, gli effetti della disclosure internazionale di un professionista vengano inficiati se quest’ultimo negli anni considerati ha dedotto una spesa di rappresentanza dubbia o un costo non inerente. Almeno in questi casi dovrebbe essere chiaro che la disclosure estera non può comunque essere vanificata e occorre farne salvi gli effetti.

 

Obblighi antiriciclaggio. Secondo il CNF l’assistenza pre-contenziosa dell’avvocato al cliente dovrebbe sempre garantire l’esonero dall’obbligo di segnalazione di operazione sospetta di riciclaggio, anche se non c’è una esclusione normativa espressa. Poco tempo fa si è pronunciata la Commissione finanze della Camera chiarendo che se l’attività del professionista è “limitata alla valutazione circa l’opportunità, per il suo assistito, di accedere o meno alla procedura di voluntary disclosure” e “non segua il conferimento dell’incarico, non sussistono gli obblighi di segnalazione connessi alla disciplina dell’autoriciclaggio”. Insomma, i professionisti sarebbero esonerati sino al momento della sottoscrizione dell’incarico. Per il CNF la “franchigia” varrebbe anche post conferimento dell’incarico per il fatto che i professionisti agiscono nell’ambito di un mandato di natura pre-contenziosa teso ad evitare una lite (la disclosure è collocata proceduralmente tra le norme sull’accertamento e sull’accertamento con adesione) che non obbliga alla segnalazione antiriciclaggio in base all’art. 12, comma 2, D.lgs. 231/2007. Ovviamente sussistono, come nella generalità dei casi, gli obblighi relativi alla identificazione della clientela.

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